Insomma. Che Deniz mi apparisse un po’ appannato lo avevo già detto/scritto a proposito del disco in coppia con James Williamson, così come non avanzavo grosse aspettative per questo annunciato disco solista riuscito solo a metà. Long Before Day è un disco che “si lascia ascoltare”, il che non equivale per me ad un complimento. Perché se hai scritto la storia, non è che te ne puoi uscire scrivendo storielle, soprattutto se hai ancora la classe per scrivere un blues marziano come Rear View Mirror e di dire tutto usando un solo accordo come accade in Where.
Invece la maggior parte dell’album sembra un po’ “sgonfio”, come certi palloni con cui ci ostinavamo a giocare nelle pigre giornate estive, pur di avere con che divertirci. E qualche palleggio riusciva, come per miracolo. Offrendoci l’alibi giusto per tutti quello che invece mancavamo. Che è esattamente quello che succede qui.
Nulla che scenda al di sotto del dignitoso, per carità. Però ecco, volendo dare un senso al titolo, sembra una lunga notte prima di un esame portato a casa con un risicato ventiquattro e la consapevolezza che forse era meglio presentarsi un po’ più riposati.
Franco “Lys” Dimauro
