La cenere dell’incendio appiccato sullo spaventapasseri di Bad Moon Rising ricopre Evol, il disco che celebra il nuovo contratto con la SST e inaugura l’ingresso in formazione di Steve Shelley che porta in dono i rivetti per crocifiggere Sean Penn, dentro una teca di pelle d’asino e alluminio.
I Sonic Youth come li conosciamo noi, insomma. Capaci di plasmare il rumore fino a renderlo simile ad una molestia erotica. Un amore perverso e cattivo, insomma. Evol, appunto.
Mani che sfiorano corpi privi di carne.
L’apogeo del narcisismo degli anni Ottanta: corpi che diventano manichini asessuati, poco ingombranti, adatti alla passerella, senza polpa, senza curve.
La contemplazione del disgustevole.
Il noise puro dei primissimi lavori lascia al posto ad una nebulosa di dissonanze. La tempesta dei Sonic Youth si acclimata. La tempesta che si pensava di passaggio diventa stazionaria. Ciò che prima scendeva in verticale, adesso avanza espandendosi in orizzontale, in piccoli mulinelli di rumore, strisce di polvere ferrosa, anelli imperfetti di fumo e vapore, minzioni di piogge acide.
Well cum, disease. Sum her of evol.
Franco “Lys” Dimauro