Ottobre 2016. Mentre viene consegnato il premio Nobel per la letteratura a Bob Dylan, in Italia esce il terzo album de Le Carogne.
In CD, che lo apri e ti leggi i testi.
O in LP, che lo sfili e ti leggi i testi.
Perché bisogna essere Carogne fino in fondo. E i quattro di Imperia lo sono. Altrimenti si sarebbero chiamati I Codardi.
La mia ironia da prete (suvvia, rientro pur sempre nella categoria, no?) serve a dirvi che, ovviamente, ognuno è poeta a modo suo. Che ognuno ha delle cose da raccontare. E che in questo mondo c’è spazio per tutti, anche se cominciamo davvero a stare strettini. Ma anche in questo caso, il fastidio è direttamente proporzionale a chi ti ritrovi davanti. O subito dietro.
Quindi ben venga Dylan e i suoi testi che si adattano a tutto, dall’incontro ecumenico del sabato pomeriggio al festival hippie ma ben vengano pure Le Carogne, che sono la deriva burlona/sci-fi del beat-punk italiano. L’unica analogia che mi sento di fare, a livello di approccio dissoluto e simpaticamente malvagio, è quella con il pattume beat dei bergamaschi Le Muffe.
Poi, ovviamente, ognuno legga i testi che vuole e premi quel che crede più opportuno. Ma io da un po’ di tempo mi diletto più a leggere il Lercio che il Resto del Carlino.
Franco “Lys” Dimauro