THE FEELIES – In Between (Bar/None)  

Facciamo che lo ascoltiamo dalla fine. Che tanto, finita l’era del supporto fisico, con un “disco” puoi farci quello che cazzo vuoi.

Facciamo che prendiamo In Between e lo ascoltiamo dalla title-track. Non mentre passeggia in una giornata di sole ma mentre viene sferzata dalla tempesta. Che anche nel New Jersey il tempo è capriccioso ormai. E l’uragano può essere dietro l’angolo. O alla fine di un album che sembrava destinato ad avere il passo compassato di chi porta il cane a pisciare e nel frattempo si guarda le notifiche sullo smartphone. Che tanto non piove e lo schermo non si bagna.

Facciamo che lo ascoltiamo da lì e che ci piace.

Facciamo che ci sentiamo i Wire e che magari non lo diciamo.

Facciamo che ci sentiamo i Jesus and Mary Chain e non lo diciamo.

Facciamo che poi dal quarto minuto ci sentiamo i Velvet Underground e allora lo diciamo, perché quando si parla dei Feelies che fai, non parli dei Velvet Underground? Dell’eredità lasciata in buone mani, dell’elettricità che esce fuori dai cavi, della nascita del college-rock e dell’attitudine indie?  

Facciamo però che poi andiamo a cercare fra le altre dieci canzoni e ci scopriamo a nostro agio dentro un disco di miniature di Lou Reed, di Tom Verlaine, di Josh Haden, di Peter Buck. Che finiamo per cedere alla voglia di camminare dentro un viaggio quieto e senza imprevisti, e abbandonarci alle lusinghe e alle promesse del tempo (non per niente la parola più ricorrente dell’album, assieme al verbo andare e alle sue coniugazioni), pure se sappiamo che verremo presi per il culo ancora una volta.

Non dai Feelies, ma da altri aguzzini con facce ugualmente amichevoli.    

 

                                                                                  Franco “Lys” Dimauro

 

 

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