Va be’, l’amplificatore gigante lo avevamo già visto. Lo accendi, le valvole riscaldano e al primo accordo vieni investito da uno tsunami di watt. Insomma, si prevedono grandi volumi. E fin qui niente di nuovo.
Ma io che sono ormai lupo di vecchio pelo so anche che spesso le cose grandi, oltre a dare piacere (ci siamo capiti), sono utili altrettanto spesso per nascondere qualcosa. In genere qualche magagna.
Dunque non è che mi basta vedere un amplificatore gigante sugli scogli per essere ben disposto. Ma neppure per avere pregiudizi negativi, è giusto dirlo.
Destroyer tiene fede a quell’immagine. Nel senso che i volumi altissimi ci sono, eccome se ci sono. Talmente forti da spezzare quasi in due Horns Arising ad esempio, in cui il contrasto tra distorsioni assordanti e spazio acustico crea una depressione quasi geologica. La sorpresa è che il vento più forte è tuttavia quello soffiato delle tastiere in odore di space-rock e prog, rivelandoci che “nascosti” dietro l’amplificatore ci sono gli Yes e i Tangerine Dream.
Idee vetuste come quelle di cui sono saturi pezzi come FD’72, Pretty Little Lazies, High Rise, spesso protratte anche oltre il limite che le bombole di ossigeno (nostre e loro) consentono, non giocano a loro favore e infine Destroyer si spegne generando più sbadigli che urla.
Spostate quell’amplificatore da lì, che si bagna.
Franco “Lys” Dimauro