VASCO BRONDI – Un segno di vita (Carosello)

Sontuosamente accompagnato da un “piccolo manuale di pop impopolare”, eccoci fra le mani il nuovo album di Vasco Brondi, il secondo dacché ha spento l’impianto di illuminazione della centrale elettrica.

Un disco che a me ha messo tristezza. Non che Vasco sia mai stato uno che sprigionasse chissà quali manifestazioni di giubilo con la sua scrittura ritorta e avvolta da una malinconia post-industriale e pre-atomica, ma Un segno di vita è ancora più fortemente adunco e più logorante nella sua spoglia ricerca di una “qualche forma di vita”, peraltro luminosa, nel suo racconto di una forma concreta di riscatto che ha per protagonista Sara ma che riguarda in qualche modo tutti noi.

Le “spiagge deturpate” restano come sfondo, eppure il cantautore di Verona sembra ormai aver avviato un’opera di bonifica disseppellendo le conchiglie d’amore che non sono ancora state corrose del tutto dall’ammoniaca. Un gesto di amore e di tenerezza moltiplicato per dieci, anche se in più di un passaggio si avverte un senso di inadeguatezza che si riflette anche su molti pezzi del disco, tanto che la nostalgia delle notti soniche raccontate su Va’ dove ti esplode il cuore diventa malinconia vera, assenza tangibile.

È il Brondi che si lascia morire come un gabbiano ferito. E che ci viene a morire in mano.  

 

                                                                               Franco “Lys” Dimauro

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