Non si sa chi sia ne’ da dove venga, questo fratellino Ramone dalla pelle bruna.
Neppure se sia una o più persone vere.
Per quel che ne so potrebbe essere benissimo un’Alexa cui è andato in tilt il sistema operativo sovrapponendo le ricerche su Google relative ai Ramones e a Bobbe Marly.
Comunque sia, il risultato è quello che vi suggeriscono le crasi iconografiche e grammaticali presenti sul disco: un mash-up fra l’one-two-three-four in battere dei Ramones e l’one-two in levare del Re di Kingston improbabile nella realtà ma possibile nel mondo del metaverso e dell’iperreale di cui questo disco potrebbe ben rappresentare una sorta di iconica immagine della Pop-Art aggiornata alla sua versione 2.0.
Il risultato, per quanto bipolare, è divertente come lo sono gran parte delle operazioni simili, anche se non raggiunge le vette astronomiche dei Wugazi. Non si supera mai la soglia del futile fun-fun-fun, ovviamente. Però l’album scorre una meraviglia, come fosse un album dei Calciatori Panini con le figurine dei giocatori di Kingston e della New York City FC invertite.
Spassoso ed inutile, Rocket to Kingston devia in Giamaica il missile inviato decenni fa dai Ramones oltre la cortina di ferro e regala, nonostante tutto, la più bella cover di Redemption Song di sempre, adesso munita delle ali spectoriane che le furono negate alla nascita. Verso il sole ed oltre.
Franco “Lys” Dimauro