Prima c’erano stati i 78 giri.
I 45 giri come li conosciamo noi sarebbero invece arrivati solo l’anno dopo.
Nel mezzo degli uni e degli altri, nel 1956, avvenne invece il debutto su 33 giri di Fred Buscaglione, che però all’epoca erano ancora su 10” ultrarigido e affidati a editori che di americano masticavano solo le chewing gum, tanto da storpiare stomper in stamper e shuffle in shaffe quando si tratta di annotare in copertina le notizie necessarie per quanti, nelle feste da ballo organizzate in casa, avevano il compito di scegliere la colonna sonora della serata.
Che sono serate in cui ci si scazzotta e ci si corteggia.
Sono le serate degli anni Cinquanta.
Le serate di Buscaglione, che ha la faccia da schiaffi, lo sguardo del dongiovanni e il baffo da sgherro e ha sempre una spider posteggiata lì davanti. Che può sempre essere necessario dileguarsi.
È il mondo di bulli e pupe che stuzzica la sua fantasia e quella dell’amico Leo Chiosso. Il mondo libero dell’America che ha strappato entrambi dalle mani dei tedeschi e che agli italiani ha dato rifugio da sempre, accogliendo oltre che una manovalanza tra le più pregiate del mondo, anche una raffinata indole criminale. Gangster e sciupafemmine, gli italo-americani dallo zigomo pronunciato affollano l’immaginario che farà la fortuna di Buscaglione. Il loro stile di vita borderline ne provocherà da lì a breve anche la sfortuna.
Ma nel ’56 la stella di Fred splende su tutto l’universo creato, e lo farà ancora per quasi un lustro, fino a quel maledetto schianto del 3 febbraio del 1960 che si porterà via uno dei caratteristi più brillanti che l’Italia abbia mai conosciuto.
Fred Buscaglione è il “favoloso” personaggio raccontato in questa doppia raccolta, l’astro che brilla assieme alla sua stella gemella Leo Chiosso, lasciando nel cielo una scia luminosa di canzoni come Whisky facile, Il dritto di Chicago, Eri piccola così, Che notte, Una sigaretta, Criminalmente bella, Teresa non sparare, Ciao Joe, Porfirio Villarosa.
Ogni canzone, un film.
Nessuno in più riuscirà a replicare, o soltanto ad imitare, quello che Leo & Fred avevano creato in cinque anni.
Non sarebbe valsa la pena aspettare cento anni.
E Fred era uno che andava di fretta e che perdeva facilmente la pazienza.
Anche se a me piace ricordarne il sorriso.
Franco “Lys” Dimauro