La “fabbrica” della RCA Italiana, inaugurata nel 1962 e sorta in una zona adibita a pascolo al Km 12 di Via Tiburtina, è stata l’industria italiana del disco per antonomasia. L’opificio simbolico del boom economico italiano degli anni Sessanta, del riscatto dagli anni bui della guerra e delle officine della morte del ventennio fascista. Dentro quell’immenso complesso industriale l’Italia ha la sua rivincita morale e culturale. Lì dentro si perfezionano contratti, si scrivono canzoni, si registrano, si incidono e mentre autori, discografici e cantanti si incontrano nell’enorme sala bar dell’edificio, i dischi sono già impacchettati e pronti a conquistare juke-box e radio. Una vera officina della musica.
Dell’ottimismo spensierato degli anni del boom Edoardo Vianello è simbolo popolare come nessun altro. Canzonette, musica leggera. Un atollo polinesiano dove nessuna lordura del mondo può arrivare ad imbrattarti la vacanza. Diapositive di una vita felice e spensierata, come certi selfie che girano oggi su Instagram dove milfoni tristi si ostinano a vendicarsi di una vita fatta di niente postando una fetta di culo, una sfilata di moda, un aforisma di cui non conoscono ne’ l’autore, ne’ il significato, ne’ la punteggiatura.
Le canzoni di Vianello sono un tuffo spensierato in un mondo che è un villaggio Valtur globale, un parco giochi dove ogni cosa che incontri è un’attrazione di cartapesta per eterni turisti.
Vianello era, con Nico Fidenco, Gianni Meccia e Jimmy Fontana, uno dei quattro moschettieri con cui Ennio Melis costruisce la storia della RCA Italiana, non più filiazione della grande etichetta americana ma una vera fucina di talenti e successi tricolori. Vianello aveva lavorato come attorucolo di teatro comico ma è l’incontro con il paroliere Carlo Rossi, combinato da Teddy Reno alla fine degli anni Cinquanta a convincerlo a fare della sua innata verve comica e del suo sorriso rassicurante la testa d’ariete per sfondare nel mondo della musica. Per il suo album di debutto Melis gli mette a disposizione il meglio della sua scuderia: Luis Enrìquez Bacalov, i Cantori Moderni, Ennio Morricone e i Flippers di un giovanissimo Lucio Dalla. La copertina è invece affidata a Giuliano Nistri, che diventerà uno dei cartellonisti cinematografici più ricercati della penisola (tanto da essere convocato dai Calibro 35 per la copertina del loro secondo album, NdLYS). Dentro ci sono tutti i suoi primi successi su 45giri: Ma guardatela, Cicciona Cha Cha, Umilmente ti chiedo perdono, Che freddo/M’annoio, Il capello/Non pensiamo al domani, Pinne fucili ed occhiali, Ti amo perché, Guarda come dondolo fino a quell’Abbronzatissima che è la Barbara-Ann italiana, con buona pace per tutti gli altri.
C’è tutta l’Italia che abborda le turiste svedesi, l’Italia strabordante dei vitelloni, della dolce vita, degli zecchini d’oro, dei tormentoni, delle danze tribali diventate sinonimo di eleganza e vita sregolata, delle creme abbronzanti e delle estati a Torvaianica. L’Italia che non chiudeva le porte a niente e a nessuno e che non aveva paura, che sapeva ridere e divertirsi. L’Italia che oggi…apriti cielo! Guai a parlare di negri, donne grasse e vacanze non ecocompatibili.
L’Italia liberata che aveva demolito tutti i fortini e li aveva trasformati in cabine di un enorme stabilimento balneare.
Franco “Lys” Dimauro