Vanno via così, i Father Murphy. Strappando addirittura una copertina a Il Muschio Selvatico Magazine di maggio 2018. Una sola però, che l’altra tocca agli A Perfect Circle. Al Muschio Selvatico, dico. La rivista che per millenni ci ha dopato i testicoli con i cantautori yankee e col rock italiano, nuovo solo per lei. Non sono soddisfazioni (che dedicare una copertina ai Father Murphy solo ora che hanno deciso di andarsene mi par cosa di pessimo gusto) ma è il segno che il mondo della carta igienica sta davvero scegliendo delle strategie di marketing rivoluzionarie (oltre a questa con i Father Murphy di recente ne ho visti rotoli con la faccia di Trump, con il facsimile delle banconote, con la foto di Calcutta e addirittura dei rotoli completamente neri: i migliori).
E così Murphy, il personaggio immaginario che Federico Zanatta e Chiara Lee hanno creato dal nulla, arriva all’atto conclusivo e assiste alla sua morte. Si tumula e canta le odi in sua memoria, come un personaggio scivolato via da un copione dei Monty Python. Ma l’aria che si respira su Rising. è tutt’altro che ironica o demenziale. Siamo al cospetto di una vera e propria elegia funebre, ad una rilettura personale ma anche rispettosa dei “canoni” classici del Requiem cattolico (dall’Introito fino ai testi sepolcrali dell’In paradisium e del Libera Me, seppur ridotto a un inquietante e viscido strofinio di larve saprofaghe), al cerimoniale cristiano definitivo, alla sindone che veste i corpi che hanno affrontato l’Apocalisse.
Quel che Father Murphy ci regalano è l’abbandono. Lo sgomento davanti alla morte carnale che si trasforma in composta accettazione del trapasso e quindi in contemplativo, mistico allontanamento dal dolore. Materia che diventa aria, lacrime che si trasformano in vapore. Sublimazione ed evaporazione in un attimo dalla lunghezza infinita. Finché i corpi che ci hanno lasciati e quelli che ancora ne osservano muti l’erosione ultima e definitiva non si siano completamente essiccati.
Rising. è dunque disco metafisico e trascendente. Viverlo con inquietudine o con rilassata agiatezza interiore è affar vostro, non più loro. Men che meno mio.
Franco “Lys” Dimauro