La bellezza deturpata fiorisce in quattro stagioni diverse, nei campi attorno a Dublino. Un sette pollici, un dieci pollici, un dodici pollici e infine una cassetta sono le crune del rosario che ci condurranno a quella chiesa pagana di …If I Die, I Die e che saranno poi raccolti dalla italiana Italian Records dentro un doppio album che certifica lo status della formazione irlandese, il cui culto ha ormai definitivamente travalicato i confini della setta e sta già infettando il pianeta.
A New Form of Beauty è un disco viscerale e intenso. Per certi versi inquietante, come nella lunga sinfonia per sole voci che introduce i dieci minuti di Beast (Seven Bastard Suck), nel canto da bimba posseduta di Din Glorious o fra i sinistri tintinnii di Abbágal. Un senso di oppressione e di catarsi si insinua all’ascolto di queste sciamaniche cacofonie destrutturate che a volte sembrano intonate da un malato di mente (come quello che intona l’innocua melodia di Ya Ya di Lee Dorsey, che ride e balbetta dentro l’opprimente coltre di rumore brado di Brain Damage, NdLYS), tutta la bellezza epistemologicamente connotata ci crolla addosso trasformandosi in qualcosa che non riusciamo a comprendere.
Si compie il crepuscolo degli idoli profetizzato da Nietzche.
Ogni Dio è morto. L’uomo divora sé stesso.
Franco “Lys” Dimauro