THE PRODIGY – The Fat of the Land (XL Recordings)

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A metà degli anni Novanta la club culture è al suo apogeo.

Da Detroit a Londra non c’è un solo culo che non sia manovrato dalle dita di un deejay.

Ma non basta.  

Gli eroi della consolle escono dai club ed invadono i palcoscenici.

I maestri di cerimonia non sono più soltanto gli chef cui viene affidato il menu della festa, ma diventano essi stessi la festa.  

Diventano “visibili”, tridimensionali. Non sono più un nome su un manifesto ma delle autentiche rockstar. La gente che balla le loro selezioni, la loro musica non ha più lo sguardo rivolto al dancefloor, ma al palco. Vuole vedere il muco che  gli cola dal naso, vuole vedere come se lo tirano via mentre maneggiano le loro attrezzature.

Anche la loro musica diventa più invasiva, più parossistica, più “grassa”, più “dotata”: è la nascita del bigbeat. Grande nel nome e nelle dimensioni. I vecchi paladini dei club sono le nuove pornostar della musica. Sfoggiano durate e misure imponenti, umiliando i normodotati. Come facevano i Led Zeppelin o gli Who, con strumenti diversi ma con la stessa quantità di volume.

The Fat of the Land dei Prodigy rappresenta il punto di congiunzione ottimale tra le nuove tendenze della musica elettronica, l’ariete rock e l’immagine shock, fotografando l’atto in cui il mostro mutante apre a calci la porta del laboratorio dove è stato creato e si prepara ad invadere il pianeta, come in un tokusatzu giapponese.

Attuando quel dosaggio perfetto di ingredienti musicali e scenografici fallito sui due album precedenti, i Prodigy rendono finalmente onore al loro nome ed approntano un disco prodigioso nell’allestimento (innestando elementi di hip-hop, techno, ragga, banghra-pop, ambient, electro, crossover, jungle, rock) e orgiastico nei risultati.

È il momento esatto in cui la scena post-rave si ammutina tradendo se stessa.

I Prodigy guidano la flotta.

Sotto coperta i flipper risuonano in tutta la loro scellerata potenza.  

                                                                                              Franco “Lys” Dimauro