Ancora una volta, come fu già per i Redd Kross, a riportare in auge il suono del power-pop ci si affida a dei fratelli, stavolta peraltro figli d’arte. Destinatari di un’attenzione inaspettata e forse in parte immotivata da parte dei media i fratelli D’Addario hanno visto un’impennata delle aspettative rispetto a questo loro nuovo album, aspettative affatto tradite dalla pubblicazione di una dozzina di canzoni che tengono fede a quanto da loro già espresso in termini di stupefacente “adattabilità” ad un suono retrò che sembrava in realtà essere odiato da tutti. Non stupirà pertanto vedere, sul mio modesto blog, le visualizzazioni delle recensioni relative a band come Turtles, di Simon & Garfunkel, degli stessi Beatles (statisticamente le meno lette in assoluto) o dei Reaction restare piattamente ferme a pochissime, sparute unità e veder lievitare questa in virtù della sovraesposizione cui i Lemon Twigs sono sottoposti da un po’ e che fa effetto sui boomer più che sulle nuove generazioni, anche se i vecchietti miei coetanei non lo ammetteranno mai.
Dunque a cinquant’anni ci si riscopre, un po’ a sorpresa, innamorati di canzoni come In the Eyes of the Girl, un cheek-to-cheek da pellicoletta che ci avrebbe dato il voltastomaco solo tre anni fa.
Di tutto ciò i Lemon Twigs non hanno però alcuna colpa, o merito: loro fanno egregiamente il loro lavoro e portano avanti la loro missione, riportandoci in casa le armonie dei Byrds (quanta bellezza c’è su If You and I Are Not Wise?), dei Turtles, dei Beach Boys, dei Mamas and Papas, degli Zombies (How Can I Love Her More? è quasi un plagio) e facendole sembrare la cosa più figa del mondo. Tutto ciò cui ci si proclamava allergici è adesso terapico. Ciò che era parte della malattia, è adesso parte della cura.
Vai a vedere come gira il mondo. E a vedere come girano le palle a me.
Franco “Lys” Dimauro