Che non sappiano ancora scrivere una canzone, importa poco. E, a dirla tutta, nel 1965 non è neppure una qualità richiesta quando entri in una sala di registrazione o firmi un contratto con una casa discografica. Ciò che conta è il feeling, l’appeal. Le canzoni le avrebbero trovato altrove, pensa il loro manager. E gliene trova una che portano di colpo gli Yardbirds dal blues di nicchia alle classifiche della musica pop, facendo storcere il muso e non solo la mano destra ad Eric Clapton che fugge inorridito dai clavicembali e dalle tabla che cominciano a sbocciare tra le crepe delle rovine blues e che alla fine si prenderanno tutto il castello degli Yardbirds.
L’album che fotografa quel cambio di passo e il turnover dal chitarrismo classicamente blues di Clapton a quello più raffinato di Jeff Beck si intitola ovviamente come il pezzo di Graham Gouldman che li ha portati in cima alle charts di “musica leggera” e che li condurrà a spasso per le televisioni di mezza Europa (Italia compresa) e di quella leggerezza pop ne contiene per almeno un terzo della capienza: Sweet Music, Putty (In Your Hands), A Certain Girl e My Girl Sloopy veleggiano tutte verso un pop inoffensivo e di certo meno disordinato rispetto all’R&B vertiginoso degli esordi che quando torna ad alzare la testa come sulle cover di I Wish You Would o I’m Not Talking dimostra che non tutti i panni della cesta sono ancora stati lavati a disinfettati a dovere per essere stesi al sole caldo del successo e che, volendo, gli Yardbirds possono ancora essere i galletti nel pollaio rock-blues di Sua Maestà la Regina.
Franco “Lys” Dimauro