Bakunin aveva messo in guardia gli sbirri che lo stavano conducendo in prigione: una risata vi seppellirà!
Nel 1980, dopo più di cent’anni, quella risata arrivò, ed era quella di Jello Biafra.
Provocazione e sberleffo, ingiuria e irriverenza, derisione e denuncia politica condite da una voce che sembra proprio voler ridere sarcasticamente sul declino della civiltà occidentale. La musica dei Dead Kennedys arriva a porre fine al punk e dar fuoco alle polveri dell’hardcore. Il messaggio sopra ogni cosa. E le spiagge colorate del beach punk californiano si tingono improvvisamente di rosso sangue.
La California Soprattutto, ma vista come un campo di concentramento nazista, mentre tutt’intorno scoppia la guerra chimica, le menti sono assuefatte dalla televisione di Stato, il Ku Klux Klan annienta la nazione nera, la bomba al neutrone diventa la nuova merce di scambio tra America, Cina e Unione Sovietica e la Cambogia la nuova località balneare per i vitaminizzati marines americani.
E poi un nome che è un’ombra nera proiettata nella storia dell’America moderna e un leader che si è appena candidato alle elezioni municipali di San Francisco con un programma che prevede una divisa da clown per la Polizia della città e che, malgrado tutto, è arrivato quarto su una lista di dieci candidati. La città è salva per un soffio ma l’America non può perdonarlo, così tra una guerra segreta in Nicaragua e una botta alle chiappe del golfo Persico, gli Stati Uniti trovano pure il tempo per dichiarare guerra a Biafra e ai suoi Kennedy Morti. Prima bloccando la pubblicazione entro i patri confini del loro album, infine trascinando il cantante in tribunale con l’accusa di oscenità, prosciugando le tasche della Alternative Tentacles e decretando di fatto la morte del gruppo.
Un anno dopo il processo i Dead Kennedys sono i Dead Dead Kennedys.
Morti due volte. Uccisi due volte.
Poi resusciteranno, come tutti i cadaveri del rock ‘n’ roll obituary, ma quella è un’altra storia, altrettanto macabra. Fresh Fruit for Rotting Vegetables con la sua copertina scomoda (che documenta gli scontri urbani innescati dalla comunità gay di San Francisco a seguito dell’uccisione del loro leader Harvey Milk e della “morbida” ed omofoba sentenza emessa nei confronti del suo assassino Dan White. Dan sarebbe comunque morto prima dei Dead Kennedys, ucciso dal suo stesso rimorso, NdLYS) e i suoi testi ferocemente sarcastici troverà dunque asilo in Inghilterra, dove verrà stampato dalla Cherry Red e finanziato quasi per intero da Iain McNay che dell’etichetta inglese è il fondatore e il presidente ad interim. Uno dei dischi che cambia il volto del punk americano arriva negli Stati Uniti d’importazione. Non tutti lo trovano, nel negozio della propria città, ma chi lo trova resta bruciato da queste quattordici sciabordate che si trasformano ora in un valzer (Chemical Warfare), ora in una parodia del rock ‘n’ roll (la cover di Viva Las Vegas che chiude il disco), ora in una truculenta caricatura di un gruppo garage (Let‘s Lynch the Landlord), di una surf band (Funland at the Beach) o di una gang psychobilly (Drug Me), sganciando sul campo i nuovi anthem della generazione hardcore come KIll the Poor, California Über Alles, Holiday in Cambodia tutti percorsi da un analogo senso di minaccia incombente e bruciati da chitarre sulle soglie dell’epilessia, da un basso perentorio e tritonico e dalle smorfie di Jello Biafra, il Joker del punk californiano.
Gridai:
“Chi ha ucciso i Kennedy?”
quando dopo tutto sapevamo
che eravamo stati voi ed io.
Due mesi dopo la pubblicazione di Fresh Fruit for Rotting Vegetables, Ronald Reagan viene eletto quarantesimo Presidente degli Stati Uniti d’America.
Su di lui e la sua politica “ispirata da Dio” (uno dei primi emendamenti aveva riguardato la disciplina/imposizione delle preghiere a scuola) che ne avrebbe motivato l’accanimento contro il blocco sovietico, si scagliano gran parte della ferocia dissacrante e delle invettive dei Dead Kennedys.
In God We Trust, Inc. è il primo e più violento atto di accusa e, insieme, urticante documento di sberleffo del Reaganismo degli anni Ottanta.
In suo “onore” i Dead Kennedys riadattano in chiave jazz California Über Alles facendo parlare in prima persona l’”Imperatore” Reagan, in una parodia caustica del suo discorso di insediamento. We’ve Got a Bigger Problem Now dura da sola quanto metà dell’intero lavoro, o poco meno. Perché il resto è costruito attorno alle più feroci schegge hardcore di tutta la loro discografia. Canzoni che durano poco più che una zampata. E che come ogni zampata, graffiano la pelle.
E che non risparmiano nessuno. Senatori, pastori protestanti, anti-femministe militanti, Dio.
A dare una spinta alle già nefande canzoni della band è arrivato D.H. Peligro, capace di portare ogni pezzo sull’orlo di un precipizio.
Sono i Dead Kennedys che cominciano a fare paura.
Che verranno braccati dalla CIA e dai censori.
Costringendoli alla resa prima del termine del secondo mandato dell’Imperatore Ronald Reagan.
Politica
Rabbia
Energia
California
Ironia
Punk
Impulso
Tempra
Entropia
Violenza
Oltraggio
Lucidità
Isteria
Surf-music
Sberleffo
Integrità
Mani
Epicureo
Veloce
Orgoglio
Licenzioso
Motteggio
Emozione
Nichilismo
Tenacia
Efferatezza
!
$o$tantivo più, $o$tantivo meno, gli ingredienti sono i medesimi del disco di debutto. Quel che manca a Plastic Surgery Disasters rispetto a quell’altro è fondamentalmente la presenza di un brano-anthem, la canzone da aspettare trepidanti a fine set, per mandare definitivamente in pezzi la sala. Per il resto il secondo album dei Dead Kennedys è un parodistico carro di Carnevale che scorre lungo le strade americane, schernendo politici, militari, preti, wasp e benpensati, dispensando trucide canzoni hardcore gonfie di polvere da sparo come Riot, Bleed for Me, Buzzbomb. Trust Your Mechanic, Government Flu che non appena toccano terra sono in grado di provocare voragini che potrebbero inghiottire un’intera città americana. Molto probabilmente Washington D.C..
Il panorama non è solo quello “di cazzi” accluso come poster dentro la copertina del disco e che il 15 aprile del 1986 causò l’irruzione dentro gli uffici della Alternative Tentacles di nove agenti dei dipartimenti di Polizia di Los Angeles e San Francisco, la condanna di Biafra per “distribuzione di materiale dannoso ai minori” e il successivo processo che, nei fatti, causerà la scissione dei Dead Kennedys.
Il panorama è, soprattutto, quello dell’America Reaganiana. Che non era peggio delle altre Americhe che sarebbero venute dopo ma che era l’archetipo del perbenismo rampante, falso e bigotto contro cui Dead Kennedys e la scena hardcore sta urlando. È questo il “mostro” Frankenchrist sulle cui arterie di asfalto scorrazzano i ricconi della massoneria sulle loro macchinine da Banana Splits e sulle cui miserie benvestite la band californiana costruisce il suo acidissimo catalogo di efferatezze punk storpiate da echi surf (Goons of Hazzard) o da anomale, robotiche marce funebri da catena di montaggio (At My Job) o ancora da buffe pantomime da avanspettacolo satirico (MTV Get Off the Air, Jock-O-Rama) urlate col solito ghigno canzonatore da Mr. Biafra.
Frankenchrist, nonostante lo si voglia più vicino al punk che al trash rock, è la trasposizione dell’universo mostruoso dei Cramps nel mondo reale.
Ronald Reagan succhia sangue al posto di Bela Lugosi.
E l’uomo spazzatura mangia sapone seduto al tavolo rosso del McDonald‘s®.
Sentendosi libero in una nazione libera.
Come noi.
Bedtime for Democracy mette alla berlina le contraddizioni dell’America e di quella fetta di mondo che gli è suddito dalla metà del diciannovesimo secolo. Il vessillo della libertà minacciato da mille insidie, divorato da centinaia di vermi diversi per divisa ma, una volta denudati, uguali per viscidume. Alla guida del paese, come in un’allegoria satirica, l’attore protagonista di Bedtime for Bonzo.
Il mondo da cui ci mettono in guardia i Dead Kennedys di Bedtime for Democracy , quello delle facili lusinghe, delle luci abbaglianti, delle pubblicità che ci trasformano in avidi oniomani, cleptomani e collezionisti di roba inutile, delle notizie truccate e manipolate ad arte, della schiavitù dal consumismo, delle palestre dove la cura per il muscolo scalzerà la cura per l’intelletto, degli ideali barattati per poche briciole, del conformismo nascosto dietro il facile ghigno severo del punk, dei colpevolisti pronti ad additar nemici ed assassini, delle armi da tenere sul comodino sarebbe diventato il “new world order” in cui viviamo adesso, quello cui avrebbero piegato la testa anche molti dissenzienti di allora. Che con un po’ di tempo e di fortuna il mondo trova un posto per tutti. E anche se prima ci avevamo sputato, basta una pezzuola per ripulirlo prima di andarci a sedere. Del resto Biafra stesso proverà sulla pelle sua e quella della sua band quanto un gruzzolo in grado di pagarti gli studi in giurisprudenza o, in alternativa, un buon avvocato, possano fare la differenza. Un mese dopo la pubblicazione di Bedtime for Democracy, sfiancati dalle udienze e dalle spese processuali per lo “scandalo” legato al poster di Frankenchrist, i Dead Kennedys sono morti come la famiglia che ne ha ispirato suo malgrado il nome.
Fino a quel momento però la macchina da guerra californiana non arretra di un solo millimetro. E non concede al nemico di avanzare.
Quel che è territorio dei Dead Kennedys, fino alla fine del 1986, è territorio dei Dead Kennedys.
Flashdunce, Cesspool in Eden, Lie Detector, Chickenshit Conformist, Potshot Heard ‘Round the World, Macho Insecurity, One Way Ticket to Pluto, Dear Abby, Rambozo the Clown sono una pioggia di fuoco che non dà tregua, pur firmandone una.
Una tregua lunghissima, infinita dietro cui si cela una Guerra intestina in cui a morire sono i Kennedys, di nuovo e per sempre. A meno che non crediate ai governi di rimpasto.
Franco “Lys” Dimauro