Organizzati a forma di album vero, i cinque singoli dei Del-Vetts fanno un figurone.
Allora, a metà degli anni Sessanta, non ce ne fu tempo. O voglia. O entrambi.
La band di Chicago trovò però il tempo di cambiare nome in Pride & Joy per la parte conclusiva di carriera, quella che con We Got a Long Way to Go si avvicinava pericolosamente al chamber-pop e alla bubblegum che stava disorientando la scena di quegli anni. Gli inizi invece, quelli non documentati ne’ qui ne’ altrove, erano piantine cresciute all’ombra del grande platano di zio Chuck e smorfie strumentali come quelle degli eroi muti del surf, che avranno giustizia con la cover di Ramcharger dei Ventures finita sul loro singolo del 1965. Poi erano arrivati alle loro orecchie gli Yardbirds, i Count Five e i vicini di casa Shadows of Knight, e la band si era trasformata in una piccola legione di matricole con in mano un fuzz da lanciare verso il bersaglio.
Il bersaglio glielo porge l’amico Dennis Dahlquist. Loro devono solo sporcarlo.
E ci riescono benissimo.
Last Time Around è uno schizzo fuzz fra i più belli di tutta l’epopea Nuggets e, pur nella sua furiosa scorribanda alla Jeff Beck, riesce a fruttare al gruppo un tale successo che la STP si fa carico di finanziare la stampa del loro singolo successivo.
Qui viene giustamente messa in apertura, in modo che appena dischiudi la porta ti trovi i piedi infilati in un cespuglio di rovi. Che poi vengono via via districati sulle otto tracce successive e che provano a simulare una piantina d’arredamento su If You’re Ready, furba versione al miele della stessa struttura melodica. Ed è tutto davvero un piccolo giardino di meraviglie. Anche se quei rovi spinosi e rampicanti di Last Time Around restano una meraviglia punk così bella da volerci rimettere i piedi ancora una volta.
Un’ultima volta.
Fight it, help me fight it!
Franco “Lys” Dimauro