LOVE – Out Here (Blue Thumb)

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Quando si presenta alla firma del contratto con la Blue Thumb Arthur Lee porta una cornucopia di canzoni, nonostante fossero passate poche settimane dalla pubblicazione di Four Sail. Il materiale è talmente tanto che l’etichetta decide per un album doppio, probabilmente senza neppure ascoltare attentamente. L’avessero fatto si sarebbero accorti che quello che stavano per pubblicare era un disco dispersivo e scollato. Un disco che cerca di raccogliere la sfida del blues-rock pirotecnico di quegli anni (basti pensare allo straripante e noioso solo di batteria di Doggone che pesta ben altro che le pelli per più di otto minuti o alle mostruose divagazioni chitarristiche di Love Is More Than Words or Better Late Than Never, NdLYS) ma che si porta anche il fardello di musiche vecchie e stantie come il country-rock, l’R&B e addirittura il gospel e il doo-wop senza curarsi di omogeneizzare le due (e più) anime.

Ma è forse anche vera un’altra ipotesi, ovvero che Bob Krasnow e Tommy LiPuma, le menti dietro la Blue Thumb, i provini li avessero ascoltati eccome. E che li avessero trovati in sintonia con un catalogo ancora minuscolo ma che aveva già stampato dischi come Stricly Personal di Capt. Beefheart, Political Pornography dei Credibility Gap o l’esordio della Aynsley Dunbar Retaliation. Dischi dove la sottigliezza estetica, come nel caso del nuovo corso dei Love, non è contemplata. Dischi, ancora una volta come questo, sfibranti. Come un viaggiatore nel deserto Arthur Lee sembra correre dietro cento miraggi diversi, perdere il fiato, cercare di tornare da dov’era partito e poi smarrirsi di nuovo. Lo fa forse consapevolmente, ma lo fa. E noi facciamo fatica a stare al suo passo e a suggerirgli che forse quel che sta inseguendo è qualcosa che alla fine lo sfiancherà.   

 

                                                                                   Franco “Lys” Dimauro