ROBYN HITCHCOCK – I Often Dream of Trains (Midnight Music)    

Risolto praticamente alla chitarra acustica e al piano (ma ci sono pure delle soluzioni per sola voce o, qualche sparuto inserto di strumenti a fiato e di basso), il terzo album di Robyn Hitchcock si chiude a riccio attorno alla personalità schizofrenica del cantautore inglese e crea, come cura e reazione alle manie distruttive che lo hanno portato a rinnegare Groovy Decay e a distruggere una pletora di idee messe su nastro, una suggestiva miscela e alternanza tra haiku funerei nipotini di Satie e figli tristi dei Japan più depressi, doo-wop da American Graffiti, macchiette da avanspettacolo, il folk stranito che venti anni dopo avrebbe decretato il successo di Mr. Beck Hansen  e pagliacciate spiritual che sarebbero di certo piaciute a Gordon Gano.

Un album umorale e spontaneo che sgancia definitivamente Hitchcock dall’eredità dei Soft Boys e, allo stesso tempo, lo affranca dalle sbornie pop condivise con gli amici Captain Sensible e Thomas Dolby solo qualche mese prima.

Forse l’unico, vero disco solista di Robyn Hitchcock.

Poi verrà fatto ostaggio degli Egiziani e delle belle gambe delle Bangles (anche loro, guarda caso, legate a doppio filo col popolo dei figli di Ra) e poi ancora libero, e poi di nuovo prigioniero di tanto altro. E noi sempre lì a guardare le sue prodezze da escapista. 

                                                                                  Franco “Lys” Dimauro  

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