PIXIES – Doggerel (Infectious)

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Stanchi di vederselo rubare, i Pixies si sono ripigliati il loro stile. Assumendosi il rischio di suonare come una cover band dei Pixies. Perché Doggerel è tarato su tutti i cliché che furono la chiave del successo clamoroso che arrise alla band a cavallo fra gli anni Ottanta e gli anni Novanta: melodie orecchiabili e leggermente oblique, chitarre fragorose che all’improvvisano si aprono come quando la tempesta si squarcia lasciando filtrare qualche raggio di sole, qualche accordo swamp e twangy dissimulato con gran strafottenza. I Pixies puntano sul sicuro e vincono facile. Ma vincono.

Doggerel è infatti, al di là della forte rivendicazione di paternità di cui è manifesto e dalla comfort zone (la loro, che coincide anche alla nostra, NdLYS) che elegge a luogo privilegiato, un album che piace sin dal primo giro di piatto, non appena si staglia il riffone impattante di Nomatterday che a due minuti netti viene troncato brutalmente per diventare una canzoncina Pixies al 100%. Da lì in poi si va avanti a fotogrammi, con una “posa Pixies” ad ogni scatto, col saturimetro a fondo scala e le voci di Frank e Paz che scivolano una sull’altra. Anche quando l’aria si stempera per fare spazio a folk-song come Pagan Man, Thunder and Lightning o Get Simulated o all’inaspettato passo funk della title-track l’ombra minacciosa dei Pixies sta sempre lì, come se alla fine il sogno degli gnomi di diventare dei giganti si fosse realizzato. E adesso noi stiamo con il naso all’insù, a guardarne il trionfale passaggio.  

 

                                                                                               Franco “Lys” Dimauro