PARTINICO ROSE – Undeclinable Ways (Earache)

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Fin dagli esordi quello dei Partinico Rose è stato un progetto che ha guardato, per ispirazione e obiettivi, più all’estero che all’Italia. Talmente fuori confine che per il secondo album la formazione siciliana ha trovato dimora presso la storica Earache, etichetta che impresso il suo marchio sui dischi più rumorosi degli anni Ottanta/Novanta (Napalm Death, Carcass, Godflesh e Scorn fra gli esempi più dirompenti) e che solo in rarissime occasioni ha investito sull’Italia (a mia memoria, solo sui Linea 77).

Undeclinable Ways è marchiato dunque da una doppia eccezionalità, e non delude le aspettative. Quella del terzetto è musica coesa, di grana grossa, che affonda le radici nel post-punk impermeabile e refrattario alle lusinghe dei synth (il filone di piombo che va dai Killing Joke fino ai Mark of Cain e oltre, arrivando agli Editors) e che abbraccia il grunge borderline di formazioni quali Afghan Whigs e Come, senza dimenticare i Madrugada di Grit.

Un suono compatto e ferroso quello che caratterizza la band, ma pronto a diradarsi come nuvole di smog spinte improvvisamente da una bora che però non rinfresca: Pettiness e Unrequited Love smorzano i volumi ma il senso di oppressione che caratterizza il sound dei Partinico Rose non si attenua, se non nei toni. Una via intermedia, carica di fascinazione Cure periodo Kiss Me nell’uso del basso, nella greve coloritura di viola e nei timidi e minimali accenni di piano è infine quella percorsa con la title-track e con la conclusiva Enter, a conferma di un album coerente ma capace di lanciare uno sguardo di severa dolcezza oltre la corazza che lo distingue.

                                                                           Franco “Lys” Dimauro