KRYPTONICS – Rejectionville (Memorandum)  

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Dave Faulkner, James Baker, Kim Salmon e Dom Mariani a metà degli anni Ottanta sono degli eroi per tanti, in quel di Perth. Sicuramente sono degli eroi per Ian Underwood, un ragazzone che negli ultimi anni di scuola ha messo su un paio di band dal presente incerto, figurarsi il futuro. Ma nell’agosto del 1985 quel presente ha un nome: Kryptonics. Di futuro neppure a parlarne, ma all’improvviso un loro pezzo comincia a circolare per le radio della città, consegnato a mano proprio da Ian. Quel pezzo si intitola Oedipus Complex, una cavalcata elettrica martellante che ha la stessa luminosità abbagliante degli Hoodoo Gurus. Solo che i suoi raggi sembrano illuminare il mare in tempesta dei New Christs. Fantastico.

Sulla scia di quel successo locale una piccola etichetta locale offre loro la possibilità di registrare in uno studio professionale quello e altri brani, lasciando al gruppo la scelta di pubblicarne un paio su singolo. Stranamente, Oedipus Complex verrà esclusa dal loro primo 7”, quello che ringrazia quei Dave, James, Kim e Dom in copertina e che nei solchi nasconde altri tre pezzoni come Baby, As Long As You’re Mine e Plastic Imitation che però soffrono della scelta infelice di registrare la traccia vocale separatamente dalla base strumentale, con un effetto di scollamento che ne fa un’occasione mancata. Anzi, tre.

Il singolo perfetto esce invece due anni dopo, con una tigre volante pronta al decollo o appena planata in copertina e dentro due canzoni come Land That Time Forgot scritta da Underwood pensando a Leilani dei Gurus e She’s Got Germs che il nuovo arrivato Peter Hartley porta dal repertorio della sua vecchia band. In aggiunta, uno strumentale intitolato Love Story, tanto per non spegnere subito gli amplificatori scaldati a dovere da due pezzi tra i più belli del rock australiano degli anni Ottanta.

Quando arriva il momento di tirar su un vinile più grande, anche quella seconda line-up si è disintegrata. Nonostante questo, 69, il mini-LP che Ian e i nuovi Kryptonics stampano su Waterfront, è un disco convincente, il definitivo approdo nella terra dei guru hoodoo con anthem come Telephone Line, Everything’s Lonely e Don’t Trash Me perfettamente riconducibili ai Gurus di Magnum Cum Louder.

Probabilmente castigati dalla scelta, infelice all’epoca, di continuare a stampare rigorosamente in vinile anche quando quasi tutte le radio hanno già installato i lettori per compact disc, gli ultimi due dischi dei Kryptonics, un curioso sette pollici che gira, per chi sa manovrarlo, a 33 giri e un altro mini pubblicato stavolta dalla Zero Hour passano quasi inosservati. Ed è un peccato clamoroso, perché nonostante la band sia arrivata ormai alla sua ottava incarnazione la scrittura di Ian resta ad altissimi livelli, con Faulkner e Peter Perrett come numi tutelari ma anche Paul Westerberg e Evan Dando a far capolino da pezzi come Melancholy Valentine, Ashes, Astrid e Rejectionville che è il pezzo che intitola questa raccolta onnicomprensiva pubblicata dalla Memorandum. Due pietre tombali dentro cui viene seppellita tutta la storia di una delle più belle e sfortunate band australiane di sempre.

Se passate da qua, non dimenticate di dire una preghiera.    

 

                                                                                   Franco “Lys” Dimauro