RAINBOW BRIDGE – Dirty Sunday (autoproduzione) / UNIMOTHER 27 – Fiore spietato (Pineal Gland)  

Pur decollando da piste diverse queste due piccole produzioni dell’underground italiano (pugliese la prima, abruzzese l’altra) finiscono per incrociare le loro traiettorie. In entrambi i casi si tratta di lunghe improvvisazioni strumentali dove la chitarra assurge al ruolo di perno nodale. Il trio di Barletta dichiara sin dal nome una chiara ascendenza Hendrixiana ma le cinque canzoni di questo loro disco ne lasciano implodere la potenza visionaria dentro una selva di recrudescenze stoner che eludono ogni pretenziosa simulazione virtuosistica per inerpicarsi in un labirintico gioco di serpentine e rifrazioni elettriche.

Cinque strumentali costituiscono pure il corpo del nuovo album di Unimother 27, al secolo Piero Ranalli. Anche qui è la chitarra ad avere un ruolo da prim’attrice anche se spesso coadiuvata dall’uso del sintetizzatore che dà ai pezzi una spinta verso il prog cosmico dei cavalieri germanici. L’approccio è liberatorio, con un’impalcatura essenziale dentro cui la sei corde dà prova di grande equilibrismo e tenta l’elevazione psichedelica in una esibizione di scalata antigravitazionale che evita gli appigli sicuri preferendo l’impervio. L’attenzione (la mia perlomeno) scema tuttavia sull’ultimo quarto d’ora del disco, dove l’ampollosità delle soluzioni finiscono per essere un po’ troppo compiacenti per potermi regalare diletto e dove il virtuosismo si attorciglia su se stesso in un vortice che lascia poco spazio di ossigenazione.  

                                                            

                                                                                  Franco “Lys” Dimauro

 

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