HERSELF – Spoken Unsaid (Urtovox)

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Ho a casa i dischi di Gioele Valenti da quando se li faceva da solo. E da solo me li spediva. Canzoni senza neppure un titolo se non un vago “first self song”, “second self song” e così via. Era il 2002, ad un passo (e molti chilometri) da Arezzo Wave.

Da allora il progetto Herself si è espanso coinvolgendo altri musicisti in maniera più o meno sporadica, da Amaury Cambuzat ai Laissez Fairs pur proseguendo sul solco tracciato venti anni prima, ovvero quello di un tappeto folk che a Gioele piace di tanto in tanto lacerare con un’unghiata ferina lasciando intravedere il pavimento di granito sottostante, come succede qui nella conclusiva TVdelica.

I mezzi poverissimi e il lo-fi delle prime registrazioni hanno ormai lasciato campo aperto ad un rinnovato gusto per i particolari, per le dinamiche cangianti, per il pop psichedelico complesso (San Francisco Bay), per gli arilli aciduli, per le ballate trasognate che sanno di coperte umidicce e di accidia, di mattinate svogliate in cui si è costretti a barattare il proprio autunno con la primavera che irrompe dai vetri.

Herself si è trasformato da Brucaliffo in farfalla. Se lasciate aperte le finestre, potrebbe entrarvi in casa a farvi visita proprio quando pensate di non averne voglia, scoprendo di averne bisogno.  

 

                                                                               Franco “Lys” Dimauro