THE NEW PORNOGRAPHERS – Mass Romantic (Matador)

0

Capita sovente che i supergruppi o presunti tali si rivelino una cagata pazzesca, roba buona per rimpinguare le tasche di qualche casa discografica e dei musicisti coinvolti, spesso a serbatoio creativo scarico e che in tal modo possono garantirsi un po’ di introiti e di visibilità tra uno spot promozionale e l’altro. Succede invece che qualche volta, raramente (e questo non fa che dar valore aggiunto a quanto stiamo per affrontare, NdLYS), passato il timore di trovarsi faccia a faccia con l’ennesima strombazzata superband, ti ritrovi tra le mani un disco in cui la somma degli addendi equivale, anzi supera, il risultato previsto. Oddio, non che qui dentro ci siano chissà quali stelle del pop, si tratta pur sempre di gente che ha referenze maturate in piccole sotterranee glorie indie-rock, peraltro canadese. Che equivale a dire un po’ più a nord di dove le piccole cose diventano grandi (gli Strokes, per dirne una…). Roba tipo Zumpano, Neko Case and Her Boyfriend, Limblifter, Destroyer…poca cosa, se confrontata alla carica power pop che sprigiona da questo disco, in origine stampato su Mint Records un paio d’annetti fa e che ora la Matador si fa carico di esportare per il mercato europeo. Dio la abbia in gloria: Mass Romantic si appiccica al lettore come una chewing-gum che si allunga con il rock ‘n’ roll sbilenco di Jonathan Richman e Soft Boys, si gonfia di power pop marca Blondie-Pretenders-Models (quando il microfono passa alla bella Neko e i sintetizzatori fanno furore) ed esplode in mille bolle blu a forma di Kinks, Violent Femmes, Pixies, Hell on Wheels.

Chitarre che saltellano un po’ ovunque, voci sovrapposte, tastierine vintage, un wall-of-sound tipicamente seventies. Per chi mastica già ‘sta roba, Letter from an Occupant, Jackie ma soprattutto la title track e The Slow Descent into Alcoholism avranno sintomi contagio immediato, per tutti gli altri l’infezione mi auguro abbia effetti non meno dannosi. Io mi ci accompagnerò l’estate, usandolo come antiparassitario contro tutta quella merda fintosudamericana che presto ci soffocherà l’etere. 

                              Franco “Lys” Dimauro

EELS – Electro-Shock Blues (DreamWorks)

0

“Il mio nome è Elizabeth e la mia vita è merda e piscio”.

Con queste parole si chiude la vita di Liz Everett.

Con queste parole si apre il secondo album degli Eels del fratello Mark, per gli amici, semplicemente E.

Uno che la morte l’ha avuta in casa sin da bambino e che può permettersi di riderci sopra, di chiamarla col nome che vuole, di scriverci delle canzoni.

Di farci sopra un intero album.

Per dipanare e aggrovigliare di nuovo la sua matassa di dolore.

Un disco che suoni come un Beck piegato in due dalla dalla solitudine (Cancer For the Cure) o come un borbottio dei Morphine da groppo alla gola (Hospital Food). 

O che accompagni lo slittino di Babbo Natale dritto dentro la pazzia (My Descent into Madness), finchè le campanelline smettono di suonare soffocate da un basso tuba. 

Dietro lo slittino c’è un bimbo che piange.

Dietro lo slittino c’è un bimbo che sorride.

Mr. E suona per entrambi.                               

                                                                                    Franco “Lys” Dimauro

 

RAY DAYTONA AND GOOGOOBOMBOS – Space Age Traffic Jam (Mad Driver)    

0

Le folli macchine volanti disegnate da Winston Smith (uno del giro Alternative Tentacles, autore tra l’altro del Cristo Consumista di In God We Trust, Inc. e dello splendido patchwork sull’Evolution Is Outlawed di Biafra, NdLYS) ci introducono al secondo lavoro di Ray Daytona, avamposto del suono vintage sui colli toscani. Come già sul disco di esordio, questa jam del traffico dell’era spaziale è suonata su due “carreggiate”: una corsia dedicata ai classici strumentali devoti a maestri come Link Wray, Man or Astro-man?, Ventures o Dick Dale, e l’altra al mai sopito amore per il garage punk più canonico, lo stesso che nei 68 secondi di 6K6 ci riporta indietro al passato storico dei Pikes in Panic di Keep It Cool and Dry o che nell’eco di Monster Stomp fa rivivere l’incubo della Night of the Sadist e che abbrustolisce le trame di pezzi come Nothing to Lose, Spider in My Head, Texas Saucer Contact o 2 Is Better Than 1. Il basso di Giulia, ex sezione ritmica degli Star-T si è splendidamente accordato all’umore del combo del Maramai e del Landi e il tutto è prodotto e registrato come sempre egregiamente da David Lenci, ormai aduso ad irrobustire quanto di meglio esca dal sottobosco italiano. Bravi.

Franco “Lys” Dimauro

 

THE HIGHSPEED V – Demented R & B (Groovie)

0

Le belve primitive, è risaputo, amavano divorarsi tra loro.

A qualsiasi latitudine.

Fu così anche in Svezia, nell’era preistorica del neogarage anni Ottanta.

E così, se gli Highspeed Five “divorarono” in qualche modo i Crimson Shadows, finirono per essere a loro volta inghiottiti dagli Stomachmouths e dai Wylde Mammoths.

La storia degli Highspeed Five si consumò quindi in pochissimi mesi, bluffando sull’età dei musicisti (Jens e Niclas ringiovaniranno rispettivamente di quattro e di un anno tra un disco e l’altro, Stellan invecchierà precocemente di quattro anni ed Henrik addirittura di ventiquattro mentre Mats resterà un sempiterno diciottenne, NdLYS) e riservandosi un posto tra le meteore anziché tra le stelle del firmamento del garage punk svedese.

A raccogliere le poche ossa lasciate, ci pensano i paleontologi della Groovie con questo Demented R & B che mette insieme tredici brani che cercavano di riadattare il maniacale rhythm ‘n blues nord-europeo che proprio in quel periodo si sostituiva nel cuore degli appassionati, grazie al lavoro di “estrazione” delle raccolte Trans-World Punk, all’ormai metabolizzato suono beat garage americano che aveva dominato nel biennio precedente e che era stato a sua volta scandagliato da Jens Lindberg ed Henrik Orrje con i Crimson Shadows.

Gli Highspeed V ne davano una rilettura adeguatamente scompigliata e deragliante (Baby, French Blues, I Will Make), fitta di giungle diddleyane in cui echeggiano le urla di scimpanzè come Pretty Things e Outsiders.

Dunque se eravate e siete attratti dalle pellicce di mammuth più che da quelle sintetiche, l’acquisto di Demented R & B è un atto dovuto.

 

Franco “Lys” Dimauro