CORNELIUS – Point (Matador)

Nutro una cordiale antipatia per i giapponesi.

Malgrado abbiano inventato Goldrake e estremizzato il concetto di bukkake, ciò non è bastato a farmeli venire simpatici.

Ma è un limite mio, come per quelli che amano Marilyn Manson.

Ma un occhi a mandorla che è ossessionato dai fantasmi di Music Machine, Count Five, Beach Boys o Clash piuttosto che da quelli di Caterine Deneuve o Fellini deve avere qualcosa di più che una scorta di rullini Kodak e Fuji nel suo zainetto a tracolla e non deve essere così terribile accompagnarsi ai suoi dischi. Che vivono, è vero, di quell’inconfondibile aria di déjà vu che tracima copiosa da gran parte delle produzioni del Sol Levante ma che qui, invece che diventare parodia, viene riassemblata in un contesto dalle forme nuove.

Se insomma i dischi dei Pizzicato Five possono paragonarsi a quelle famose bombolette con su scritto “aria di Napoli”, quelli di Cornelius sono magari delle matrioske di Mamma Russia, dove se vuoi puoi nasconderci dentro anche un tocchetto di fumo. Detto questo, Point è un disco meno “esagerato” rispetto alle passate produzioni di Cornelius, con frequenti richiami alla natura ed ai suoi rumori, dai cinguettii di Bird Watching at Inner Forest al gorgheggiare di Drop, fino al liquido scorrere di Tone Twilight Zone, crepuscolare come il titolo suggerisce, quasi alle soglie del raccoglimento ambient. Acustico e farcito di beeps, lo ricorderemo magari come l’album new-age di Keygo, se riusciremo a cancellare il ricordo delle stilettate di I Hate Hate, e non saremo distanti dall’essenza del disco, che Cornelius ha voluto quasi spartano, se confrontato con la risaputa abilità del nipponico al taglia e cuci sintetico.

 

Franco “Lys” Dimauro

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